Negli ultimi 20 anni Internet ha trasformato il mondo: le nostre vite cambiate dalla Rete sono sempre più interconnesse e sembra che tutto vada sempre più veloce. Siamo circondati da cosi tante informazioni che non sappiamo più a cosa dedicare la nostra attenzione e cosa invece tralasciare.
Sempre più spesso si sente parlare di big data, cioè quell’insieme di dati continuamente generati dai social network, dalle reti di sensori intelligenti, dai log dei sistemi che tracciano le attività on line, che ci raccontano di fenomeni nuovi che ci indicano la portata dei cambiamenti attualmente in corso: se ad esempio Twitter può essere in grado di generare un crollo in Borsa o rovesciare i governi può sembrare che questo nostro mondo sia fuori controllo.
Sebbene Internet abbia cambiato le nostre abitudini, il nostro modo di lavorare, la maniera in cui si fa politica ed economia, non conosciamo ancora le leggi che regolano questo nuovo ambiente fortemente interconnesso tra uomo e macchina: oggi gruppi di milioni di persone da tutto il mondo possono contribuire ad una singola discussione contemporaneamente e ogni giorno possono parlare di un argomento differente. Per comprendere come le persone imparano e si influenzano l’un l’altra non è più possibile considerare le persone come individui isolati ma bisogna ragionare sulle dinamiche sociali che influenzano le decisioni dei singoli per arrivare infine alle mode, ai risultati delle elezioni politiche e all’andamento dell’economia mondiale. C’è bisogno quindi di una nuova scienza, che contenga dentro di sé tutte le materie, dalla psicologia, alla sociologia, alla linguistica, alla dinamica del caos, all’ economia, per riuscire a tenere conto di tutta questa complessità. Questa scienza si chiama fisica sociale.
I big data sono il motore della fisica sociale: l’enorme disponibilità di dati che vengono generati dalla costante presenza di macchine connesse in rete che ci accompagnano durante la giornata permette di scoprire quali sono i percorsi delle nostre esperienze quotidiane. Le tracce lasciate dalla posizione GPS dei nostri telefonini, le chiamate che effettuiamo, i tweets che inviamo, raccontano la nostra giornata. Mettere in relazione questi dati con il meteo, gli indicatori del livello di inquinamento, i dati di traffico automobilistico, restituisce un’ immagine delle nostre città, parziale certo, ma che può permettere comunque a chi analizza questi dati di migliorare le nostre esperienze come singoli individui. In linea di principio ogni tipo di evento che lascia una sorta di traccia, un dato, può essere utilizzato per meglio comprendere la complessità della società in cui viviamo. Poiché diverse sono le variabili che incidono sui nostri comportamenti, l’analisi dei big data, o se si vuole la fisica sociale che li studia, mette insieme diversi campi del sapere, dall’ economia, alla sociologia, alla psicologia, alla teoria delle decisioni e all’ ecologia. La speranza è che tutte insieme possano aiutarci a contribuire ad un mondo migliore.
Grazie alla fisica sociale possiamo cercare di spiegare come il flusso di messaggi da persona a persona e le idee trasmesse cambiano i nostri comportamenti, il nostro modo di lavorare, fino a ridisegnare le nostre città e la stessa società. E’ una scienza data driven, ossia che non ha, come altre, la possibilità di operare in un laboratorio isolato, ma anzi ha la necessità di operare in un living lab, poiché il suo scopo risiede proprio nella capacità di analizzare i big data degli eventi del mondo, mentre essi avvengono.